Suggestioni e fatica

Oltre ai dati di scatto, alle condizioni di luce, all’orario e altre annotazioni varie, dovrei scrivermi il grado di fatica raggiunto (sopportato/superato) per ognuno dei miei vari giri dentro e fuori le cime ovvero le Dolomiti di Brenta. Arrivare al rifugio Alimonta, spettacolare posto 2600 mt messo a guardia della Vedretta degli Sfulmini, è stato uno di quelli dove avrei certamente scritto 10/10 di fatica e oltre. Prezzo al pubblico delle foto 1 miliardo di euro. Beh, non l’ho scritto ma me lo ricordo benissimo :-))

Non è tanto il percorso in sé, assolutamente fattibile anche da persone meno atletiche del sottoscritto, quanto il fatto di come io sia arrivato ad affrontarlo sempre per seguire questa maledetta luce che mi fa starare e modificare qualsiasi tabella normale di marcia. Così, per aspettare che il sole girasse alle nostre spalle e puntasse diretto a ciò che avevamo davanti a noi per  avere la giusta luce sulle Punte di Campiglio e su Gemelli, per aspettare che le nuvole salissero con le termiche pomeridiane e per arrivare all’Alimonta giusti per il tramonto, ci siamo soffermati al Rifugio Brentei fino a metà pomeriggio, all’incirca le 16.00 per poi incamminarci dentro questo vallone di pietre, circondati da pareti altissime e senza un alito di vento. Detto ciò, secondo voi, è possibile restare sulla terrazza di un rifugio sospeso tra le nuvole ( Brentei), in una calda giornata di Agosto, allietati da una leggera brezzolina in viso, dopo aver già macinato qualche buona ora di cammino con 10 kg di zaino sulle spalle (almeno) … senza mettere sotto i denti qualcosa?! Ecco, esatto: impossibile. E immaginatevi il resto 🙂  Sopportando quindi un immenso sforzo psicologico, ci siamo decisi ad alzarci e a prendere coraggio per inoltrarci nel Vallone dei Brentei e incamminarci verso l’Alimonta. Pomeriggio incredibilmente bello, con le giuste nuvole che mi dicevano già che avrei raccontato qualcosa di bello; ma anche terribimente caldo man mano che camminavo.

Ora, mettete insieme questi elementi: caldo senza vento, stinco con polenta trangugiato verso le 15 con 1/2 litro di teroldego, sentiero con il 20837% di pendenza senza soluzione di continuità per circa un’ora/ora e mezza tra pietre e sfasciumi… e avete messo insieme il micidiale mix di quel pomeriggio. Suggestione, emozione, bellezza, meraviglia di posti grandiosi… certo: come nascondere lo spettacolo che ci ha accompagnato fino ai 2.600mt della nostra ultima tappa di quel giorno. Ma anche una fatica che così non me la ricordavo da tempo. C’è anche da dire a mia discolpa che il mestiere di fotografo di montagna non aiuta certo a prendere il classico ritmo che attiene ad ogni buon camminatore: vai, cammina, fermati, giù lo zaino, smonta, inquadra, aspetta un po’, su lo zaino, riparti e cammina per 15 minuti, arifermati, vedi un po se c’è qualche inquadratura; no, niente, riparti e ricammini per 20 min, stop, fotografia? Si, stavolta mi pare buona, giu e apri lo zaino, carica, pellicola, filtro, cavo di scatto, esponi, aspetta no, cambiata la luce,  riesponi… Insomma un bel casino, per dirla come un poeta.  Ma alla fine “ho scavallato” e vedendo l’Alimonta mi sono rincuorato: sapevo che di lì a poco mi avrebbe accolto un piatto di canderli come pochi altri sanno fare. Inoltre sapevo di aver portato a casa qualche scatto che mi avrebbe dato molte soddisfazioni. E così è stato. Sia per i canederli che per le foto :-)) Qui una piccola porzione di quel bellissimo pomeriggio. Sono certo apprezzerete sia le suggestioni di quel grandioso anfiteatro che precede l’arrivo all’Alimonta, sia le foto scattate in quelle due orette di sofferenza, che il “pensiero” di Sandro al mio arrivo. PROSIT!!

Ci sono 6 commenti

  1. Giovanni Fatighenti

    Alberto quanto è vero quello che hai scritto, se uno non lo prova sulla sua pelle non può immaginare quanto faticoso sia portarsi molta della propria attrezzatura fotografica nello zaino da escursione.Ho fatto il tuo stesso percorso questo Settembre pernottando all’ Alimonta per poi affrontare le Bocchette centrali.La fatica è tanta, lo zaino pesante dopo qualche ora già si sente e come giustamente hai detto tu, quel leva e metti della macchina fotografica dallo zaino può diventare snervante, soprattutto quando tutto questo viene accompagnato da cambi di obbiettivi, filtri e quant’altro.Fortunatamente la Natura molto spesso ci ripaga dello sforzo compiuto… Ho il ricordo di questa luce incredibile che mi ha accompagnato dal rifugio Tucket all’ Alimonta, e quasi per magia i fastidi al collo dovuti al peso della reflex sono scomparsi, lasciando spazio a gioia, felicità e “voglia di fotografare” quello splendido capolavoro che sono le Dolomiti del Brenta.Mi fermo qui perchè potrei andare avanti per troppe altre righe…
    Come sempre contentissimo di poter leggere questi tuoi pensieri che gentilmente condividi con noi…
    Giò

  2. pb

    Mi manca la montagna. Mi manca la fatica della salita e la gioia che si prova quando si raggiunge l’obiettivo. Grazie per condividere queste tue esperienze.


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