O Pale di San Martino, o vecchie, o patria!

O Pale di San Martino, o vecchie, o patria!

Cinquant’anni oggi, 6 settembre 1966, all’età di sessant’anni, il grande Dino Buzzati scriveva un profondo, stupendo addio ai monti; rivolgendosi in particolar modo a quelle Pale di San Martino alle quali così tanto aveva dato, dalle quali così tanto aveva ricevuto come uomo, come alpinista. Per quanto di me ritrovo nei suoi libri e nel suo modo di intendere e raccontare le Montagne, per essere tuttora mia irrinunciabile, primaria fonte di ispirazione, desidero oggi ricordare questo suo bellissimo scritto, certo che troverò molti tra voi che potranno apprezzarlo, una volta di più.

O Pale di San Martino, o vecchie, o patria!
In automobile io risalgo la valle e vi guardo, la mia giovinezza è lassù. E non è rimasto più niente.

Mi illudevo di lasciare per sempre qualcosa di me su quelle rocce così buone, solide e oneste, con preziosi piccoli intelligenti appigli al punto giusto, di scriverci qualcosa di me per sempre, e invece io passo di sotto in automobile e vi guardo e non tornerò, mai più tornerò sulle vostre pareti anche se al principio di ogni estate faccio proponimenti ridicoli di riscossa. Il camino della Rosetta! Dove – non avevo ancora vent’anni – mi trovai dinanzi alla bocca un mucchietto di materia cerebrale dai colori delicati. Il mio sacco da montagna che vola giù per l’orrenda parete del Cimone!

La guida alpina che dice, “mi dispiace, non ci credo, impossibile”, quando noi due ragazzi, Sandro Bortoli e io, salimmo sul Winklerkamin della Madonna, ah! E Gabriele Franceschini, guida, amico, spirito della terra, che a metà della Schleierkante, sul dorso dello smisurato pilastro, declama una sua sbilenca poesia: “Vagan pei boschi, siedon su rocce, volan per rivi e sentieri ombrosi.”. Impossibile. Non succederà più. Di me lassù non è rimasto niente. Mica che io sia stanco, o malato, o vecchio, figurarsi! Sempre in gamba come allora, occorre dirlo? Anche se sono passati settecento anni.

Siete voi, Pale, che non siete più le stesse. Da qualche anno siete cambiate. Perchè? Perchè siete diventate così grandi e alte di statura, che adesso non si arriva mai? Perchè siete diventate così ripide, proprio un’assurdità? E quando ci si avvicina all’attacco oggi viene meno il fiato? Chi può avere seriamente il desiderio di salirvi se non un pazzo? Perchè siete diventate così fragili, perfino il Campanile Pradidali che una volta era tutto di cristallo? Perfino la Torre di Valgrande che una volta era tutta di ferro? Perfino la “est” del Sass Maor che ai tempi antichi delle illusioni fantasticavo stupidamente di scalare? Perchè vi siete fatte così marce che appena a toccarvi crollate giù con orrendi schianti e frane di pietre, e viene la paura?

Basta! Non siete più quelle di una volta, non mi incantate più…
Addio, addio, in automobile io discendo la valle tristemente.”

 Dino Buzzati | Milano, 6 settembre 1966

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Foto: Pale di San Martino
©AlbertoBregani

Ci sono 3 commenti

  1. marzia

    Alberto, son passata “loggata” come Marzia ( ho anche io un blog su questa piattaforma), ma son Mariantonietta Sorrentino e approdo qui da Fb.
    Lascia che ti dica quanto sia fascinosa la tua foto e degna dell’apporto del favoloso Buzzati..
    Questo che ci hai digitato di lui reca chiare tracce del suo valore come uomo e come scrittore…
    Tra parentesi, la mia seconda nuora è friulana e con mio figlio vanno spesso sotto queste Pale meravigliose.
    Io spero di farlo in un prossimo futuro.

  2. luciano bernardi

    Quando l’età e gli ineluttabili acciacchi avanzano, proprio perché ineluttabili, si può essere lieti di quanto hai goduto la montagna e quanto essa ti ha dato. Si possono serenamente ricordare decine e decine di episodi e visioni di ogni genere vissute e inoltre godere di ciò che le più recenti generazioni ti fanno vedere , come fai anche tu Alberto, attraverso scritti, foto, filmati, ecc. grazie ai moderni mezzi di comunicazione.Possiamo quindi non essere tristi (certo che un po’ di nostalgia rimane).

  3. Fabio Longo

    Dino Buzzati non riconosce più le sue “Pale”; sottintende che dipende anche da lui; tuttavia manda un messaggio importante: il mondo muta, è difficile accettarlo, e anche le nostre montagne mutano con i loro periodici crolli che le hanno formate, peraltro. Forse è difficile accettare che la loro frequentazione sia cambiata, ma sono i discorsi di chi ha creduto che fossero solo lì per lui o per lei, dimenticando che sono al loro posto da 60 milioni di anni e altri, chissà quanti, le calpesteranno nostro malgrado.


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