Parlando di composizione. E di sassolini.

Parlando di composizione. E di sassolini.

Certo, è una foto molto bella, si dirà; come lo si è già detto più volte ovunque l’abbia pubblicata o esposta. Mi fa piacere, come sempre. Ma, se posso, ritengo sia una foto “non brutta“, piuttosto che buona o bella. Una fotografia della quale non ero particolarmente soddisfatto. Come dire, ci ho impiegato un po’. Non per nulla l’ho scattata tempo fa e solo ora, rivedendola a freddo dopo un periodo di pausa, inizio a vederci qualcosa. Da questi miei dubbi nasce l’occasione per spiegare meglio il perchè di questa mia titubanza e per descrivere brevemente il mio concetto di composizione nel formato quadrato che rimane, a mio avviso, tra i più difficili da interpretare, ma tra quelli che regalano più soddisfazione.

In questa foto è sicuramente intrigante e poetico l’effetto di quei due baffi di nuvola illuminati da un’ultima luce prima che arrivi il buio della sera, già presente al piede della fotografia. Ma per il formato quadrato poteva essere considerata compositivamente sbilanciata. Il formato quadrato ha bisogno di essere riempito, seppur con criterio e parsimonia. riempito anche con un “vuoto” ove occorresse. Esistono molte regole compositive per il 35mm, ma non mi risulta che qualcuno, vista la scarsità di fotografi “quadrati” in circolazione, abbia mai pensato a definirne una per tale formato. Nel caso ci fosse chiedo venia. Sta di fatto che personalmente me la sono definita da solo, perfezionata nel tempo e presa come mio punto di riferimento: la chiamo la “Regola dei sassolini”.

Questa regola dal buffo nome dice di “...far conto di avere dei sassolini nel pugno di una mano e di volerli distribuire, a mo’ di semina e con equilibrio, su un foglio quadrato che si abbia su un tavolo.  Se i sassolini saranno distribuiti equamente il foglio non penderà da nessuna parte. Altrimenti risulterà sbilanciato e la sua visione non armoniosa“. Ora io non sono certo un professore di Estetica e l’ho detta un po’ così. Ma il concetto secondo me rende l’idea. Ecco allora che quei due baffetti/sassolini portano in equilibrio il “peso” del blocco bosco/montagna così presente nella parte inferiore. Due striature, due elementi semplici, quasi discreti, ma pesanti allo stesso tempo. Fosse stato diversamente, con un cielo distrattamente tenuto vuoto, la foto sarebbe risultata sbilanciata visivamente verso il basso. In questo caso dunque, quella regolina vuole semplicemente ricordarmi di evitare possibilmente tutte quelle composizioni che abbiano un soggetto nella parte inferiore e un cielo vuoto senza ragione nella parte superiore; a meno che, come detto, nel cielo “vuoto” non vi siano elementi che seppur piccoli  riescano ad essere così importanti da diventare soggetto essi stessi (e riempire così il formato) o, infine, che quel cielo vuoto non sia necessario a valorizzare il soggetto esistente. E’ dunque l’equilibrio che dà l’armonia. Non basta una parte di una fotografia a farla diventare eccellente.

Il formato quadrato va armoniosamente riempito e lo spazio occupato non si deve percepire. Ci possono essere acuti qui e là, ma tutto deve concorrere all’equilibrio. La foto deve uscire e arrivare senza che chi osserva si interroghi sul fatto se sia quadrata o rettangolare o altro. Ogni zona deve contribuire a comporre la storia; se vuoto ci deve essere va bene, ma che sia “volontario e consapevole”. Perchè qualsiasi soggetto insista solamente in una parte del fotogramma e vi sia una parte trascurata o vuota senza motivo,  questo non gioverà certamente alla percezione di un racconto equilibrato, quindi armonioso, quindi appagante per il fotografo e per chi osserva. Nel segno.

Il formato quadrato è certamente intrigante, spettacolare, originale; ma è altrettanto difficile e lungo da assimilare. Nella fotografia di paesaggio richiede molta concentrazione, applicazione, dedizione e pazienza. Gli scatti al volo realizzati comme-il-faut arrivano solo molto dopo gli inizi. Non è un formato naturale e istintivo come un 35mm che abbiamo negli occhi fin da piccoli. Il tempo da dedicare alla composizione è maggiore, però è un formato incredibilmente fantastico. E una volta che ci cadi dentro molto difficilmente ne vieni poi fuori.  Vabbè: ma questa foto, alla fine, la amerò? Probabilmente si.

Per ora un caro saluto, Alberto. 🙂

Ci sono 0 commenti

  1. Alessandro Avenali

    Secondo me la regola dei due terzi resta applicabile anche nel formato quadrato.
    Mi viene da ipotizzare che in questo scatto forse non avevi scelta. Magari in basso c’erano elementi di disturbo da dover escludere per forza, altrimenti forse un filino sotto si poteva scendere, eliminando il baffo superiore e dando più forza al nero, equilibrando così bosco-montagna-cielo.
    Tuttavia, con questo cielo così ampio la foto respira molto bene e l’occhio è portato a godere proprio del cielo, appoggiandosi appena sulla sommità delle cime. Ha un suo perché e mi piace. E’ una foto forse meno banale che se l’avessi composta come ipotizzato sopra. Non razionalizzare troppo… a volte l’istinto del momento ha le sue ragioni.

    • Alberto Bregani

      Grazie Ale, come sai io non arrivo dalle “regole”, al limite ci passo a fianco, do un’occhiata e poi me le lascio alle spalle… Scherzi a parte, comunque alle regole poi ci si arriva per vie naturali: l’importante è non rimanerci attaccati altrimenti saremmo tutti omologati.. Ad ogni modo come dici tu sotto non potevo scendere perchè c’era la “statale” :-)) E poi troppo nero non mi sarebbe piaciuto comunque. Quello che regge la foto alla fine sono proprio i due baffi di nuvole/luce che riempiono il vuoto del cielo. Non ci fossero stati non l’avrei considerata: troppo distacco tra i piani, troppa poca armonia.

      Grazie intanto e sinceramente per questo tuo apprezzabile e costruttivo commento. Un abbraccione “wedding Photojournaiist” con i controfiocchi 😉

  2. Antonio Fenio

    Prima di tutto ho guardato la foto e l’ho trovata davvero bella e ben composta. Non penso mai alle regole quando guardo un’immagine. Cerco di coglierne la bellezza nell’impatto, poi dopo avere letto la tua spiegazione ho iniziato ad esaminarla e sinceramente la trovo davvero buona, i due baffi bianchi nel cielo sono un ottimo contrappunto alla zona inferiore completamente nera. Inoltre dai baffi bianchi del cielo al nero del bosco l’attenzione passa attraverso un bel gioco di diagonali, decisamente non trovo dei vuoti ma zone di attenzione ben collegate. Come hai detto tu nella replica al post precedente sono le nuvole a dare forza all’immagine e a suggerirne la chiave di lettura.
    Complimenti per il tuo lavoro!

    Antonio

    • Alberto Bregani

      Ciao Antonio, grazie mille per esserti soffermato a commentare: diciamo che anche io non sono per le regole. Nel senso che starci attaccato mi darebbero un po’ di senso costrizione. E’ indubbio però che per essere liberi di andare è necessario conoscerle, per poi appunto valicarle e andare oltre 😉 Sul resto mi fa piacere tu concordi sulla mia lettura della fotografia. Facciamo che la pruomoviamo? Ok, andata:-)) grazie ancora e a presto, Con amicizia, Alberto

  3. Tommaso Forin

    Regole, che il formato sia quadrato, 2/3, 3/4, o panoramico ce ne sono, ma sono secondo me soprattutto buon senso e gusto personale.
    A parte la regola dei terzi, l’altra da considerare è lo spazio da dare al cielo. Normalmente 1/3 di cielo e 2/3 del resto, regola che si cambia in corsa se il cielo acquista una sua valenza compositiva, come può essere in questo caso. A questo punto resta da stabilire se il cielo di questa foto sia significativo o meno, e qui però si rientra in aspetti soggettivi. Personalmente sono d’accordo, ci può stare.
    Per quel che riguarda il formato fotografico ho una mia personale opinione: dipende da che cosa devo fotografare. Un ritratto ? Uno street Photograpy, una architettura ? Un paesaggio ? Il formato migliore secondo me è quello che meglio mi rappresenta la composizione che devo riprendere. Quando si tratta di fotografia di montagna devo descrivere le catene montuose e presentarle dando loro forza. Per me, per il mio modo di intendere questo obiettivo, una catena montuosa va presentata così come appare ai nostri occhi quando siamo davanti, riuscendo a mantenere i particolari e la sua ricchezza. Per questo sono convinto sostenitore del formato panoramico, non necessariamente il 360° che spesso diventa una forzatura, ma un 160-180°. E’ con la panoramica che riesco a immergermi nella montagna e a sentirmi catapultato in questo universo.
    Poi tra il quadrato o il 2/3 (orizzontale o verticale) si può discutere, cambiando opinione di volta in volta, a seconda della composizione da proporre, perchè non è il formato la priorità, ma ciò che voglio proporre,e il formato dovrebbe adattarsi alla “montagna”. Questo è il mio punto di vista

    • Alberto Bregani

      Grazie Tommaso, detto da te è un ottimo punto di vista 🙂 Comunque sia io ho appunto precisato che quanto detto riguarda il mio tipo di fotografia e cito ” Nella fotografia di paesaggio – quella nella quale mi cimento, nelle altre non lo so – richiede molta concentrazione, applicazione, dedizione e pazienza”.

      Per il resto concordo con quanto da te detto in questo passaggio “Quando si tratta di fotografia di montagna devo descrivere le catene montuose e presentarle dando loro forza. Per me, per il mio modo di intendere questo obiettivo, una catena montuosa va presentata così come appare ai nostri occhi quando siamo davanti, riuscendo a mantenere i particolari e la sua ricchezza.” E’ estremamente corretto proprio perchè è il “tuo” modo di interpretare la montagna. Che però è differente dal mio che, come ho sempre detto e riporto da un’intervista di due anni fa “Io non devo “testimoniare”, non devo “documentare”, non devo “rappresentare”, almeno che non lo voglia o non lo debba fare su richiesta. Io voglio raccontare il mio modo di percepire quel concetto di “Sublime” romantico, ottocentesco con il quale la Natura tutta veniva definita e raffigurata; il concetto di quella Natura “che atterrisce ma attrae allo stesso tempo”. E mi basta anche un dettaglio, non necessariamente il totale.

      Questo per dire che per me il raccontare una montagna, darle forza, per usare una tua espressione, non significa assolutamente “contenerla” nel fotogramma o restringerla certo dentre regole che omologano alla fine tutto e tutti. E per questo, a differenza tua, e beato te che ci riesci, nel formato panoramico mi ci perdo, come ritengo perda forza il “mio” significato di cui sopra. Ci ho anche provato, ma proprio non mi va giù. E non è ne giusto ne sbagliato – sia ben chiaro – né il mio né il tuo modo di raccontare. E’ solo diverso, e per fortuna: chi guarda avrà più possibilità di trovare ciò che lo fa sentire bene osservando una fotografia. Un caro saluto, grazie per il tuo interessante e costruttivo contributo e buon lavoro 😉 con amicizia, Alberto

    • Alberto Bregani

      🙂 l’ho sempre detto che certe vostre risposte sono delle grandi illuminazioni per me. Questo accostamento a un giardino Zen è bellissimo e ne sono onorato in quanto il giardino Zen è simbolo di culto della bellezza essenziale – ovvero quella del cosiddetto pensiero intuitivo – e di ricerca di spazio vitale di pace tranquilla, di silenzio arcano e di grande armonia affinchè la mente possa espandersi e liberare l’ immaginazione. C’è dunque molto di quanto provo a ricercare con la mia fotografia e cerco di trasferire alle persone dentro il concetto di un giardino Zen, e per questo accostamento, di nuovo, ti ringrazio Stefano.

  4. ivani padovese

    solo chi conosce le regole può essere padrone di cambiarle, stravolgerle, stracciarle. alberto conosce le regole, sa pure come crearne di nuove e le sue foto gli danno ragione… non è da tutti.

    • Alberto Bregani

      Grazie Ivani, grazie mille. Ma non tanto per l’apprezzamento riguardo la capità di stravolgere le regole – e della quale ti ringrazio – quanto proprio per aver ribadito quando ho scritto poco fa in risposta a un altro commento (e che va esattamente nel senso da te sottolineato) e che riporto per completezza: ” anche io non sono per le regole. Nel senso che starci attaccato mi darebbero un po’ di senso costrizione. E’ indubbio però che per essere liberi di andare è necessario conoscerle, per poi appunto valicarle e andare oltre “. Grazie mille Un salutone, Alberto :-))

  5. Giovanni Fatighenti

    Mi piacerebbe prima o poi poterne parlare dal vivo di questa cosa….”discutere” di fotografia in questi termini e a questi livelli fa crescere gli interlocutori più di un workshop sul campo.Bellissima e interessantissima disamina!


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