My lovely Holga


Holga, Montagna e infrarosso – (Alberto Bregani – USA Best Holga Landscape Photo 2010 -)

Possiedo sei Holga; che non è come avere sei Leica o sei Hasselblad. Intendo a livello di investimento; 200 euro e si portano a casa tutte, a volerlo.  Possiedo sei Holga, ma ho impiegato anni a sceglierle e conoscerle, perchè ognuna ha un carattere diverso, più o meno spigolosa, scura, vignettata, dolce, morbida, bisognosa di più o meno scotch sulle fessure e a seconda del soggetto, del progetto, del “suono” o del “timbro”, musicalmente parlando,  poi decido quale utilizzare.  Ne più ne meno di un violino più o meno antico, del suo legno più o meno stagionato. E ognuna di loro mi riporta sempre ciò che voglio. Beh… sempre è un po’ esagerato. Diciamo molto spesso.

Per me fotografare con una Holga è entrare in un’altra dimensione,  varcare le soglie dell’inconscio, penetrare fino in fondo alla propria memoria, scavare tra i ricordi, impressionarli per tentare di riportarli a galla. E in questo modo visualizzarli: tra il chiaro e lo scuro, tra l’indefinito e il definito, tra una luce soffusa e una piena accecante. La memoria e i ricordi sono cosi. Ci vuole anima per scovarli e portarli al presente. E per questo la Holga è la migliore compagna di viaggio che ci sia. Una volta conosciuta per bene, s’intende 😉

Questa che segue è a mio modesto parere la migliore interpretazione della fotografia con Holga. Ve la riporto affinchè la si tenga bene a mente.
“Parecchi fotoamatori evoluti e PRO apprezzano lo scatto con Holga soprattutto per le imperfezioni, per la tipica vignettatura e le infiltrazioni di luce. In questa era digitalizzata, la Holga permette di realizzarsi rimirando il passato con un approccio più personale ed orientato alla riscoperta della motivazione della realtà senza esasperate ed inutili tecnologie. E’ una sorta di ripensamento, un ritorno alla semplicità, all’essenzialità ed all’origine del meccanismo della visione e della produzione dell’immagine Fotographica. Lo scatto diventa così, una sorta di gesto feticistico…quasi snob…occasione per conoscere in profondità il proprio animo fotografico. Ogni Holga é una sorta di pezzo unico per quanto riguarda i difetti; e non sono rari i fotografi che possiedono diverse Holga per sfruttare le varianti dei suoi difetti che, sia chiaro, devono essere gestiti con grande maestria“.  | Maurizio Rebuzzini – Docente di Storia della Fotografia, Università Cattolica di Brescia |

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