Mallory e Irvine arrivarono in vetta all’Everest nel giugno del 1924?
Perirono salendo o scendendo? Il fitto mistero sul quale a tutt’oggi – a oltre 85 anni da quella impresa – s’interrogano gli storici dell’alpinismo, non ha ancora la sua definitiva risposta. Nonostante un importante tassello di questa eccezionale impresa si sia aggiunto nel 2007 grazie all’americano Conrad Anker e all’inglese Leo Houlding quando, nel giugno del 2007, i due arrivarono in vetta all’Everest seguendo proprio il versante nord. Ripercorrendo, di fatto, le tracce dei due pionieri del 1924. Ancora una volta l’intento era cercare di capire se Mallory e Irvine fossero scomparsi prima o dopo aver raggiunto la vetta. Se fossero stati in grado di superare con i mezzi dell’epoca il famoso “second step“, lo scalino roccioso a 200mt dalla vetta, alto circa 30m e considerato tra i passaggi chiave della via. Anker fu anche colui che nel 1999 ritrovò ciò che rimaneva del corpo di Mallory, ma senza poter raccogliere altre utili informazioni. Non solo perché il corpo era ben sotto quel punto, ma soprattutto perché nei dintorni non venne rinvenuta la macchina fotografica che avevano con loro, in particolare Andrew “Sandy” Irvine, al momento della spedizione ovvero una Vest Pocket Kodak. Nel caso fosse stata ritrovata – va da sé che nessuno avrebbe potuto garantire sulle condizioni della pellicola al suo interno, date ovviamente le escursioni termiche alle quali poteva essere stata sottoposta – magari un qualche barlume di speranza o immagini sarebbero potute saltare fuori, mettendo finalmente la parola fine a questo enigma che, per ora, rimane tale. E fermiamoci qui per quanto attiene al fatto storico/alpinistico. La rete è piena di informazioni e approfondimenti su questa grande storia. Sono certo non faticherete a trovarle. (Source: www.scientificamerican.com/article/mount-everest-mystery/
La Vest Pocket Kodak
Concentriamoci invece sull’aspetto fotografico; perchè fu grazie a questa storia che mi appassionai a questa macchina fotografica. Ero proprio curioso di capire quale risultato Irvine avrebbe ottenuto dopo averla utilizzata per immortalare il momento fatidico e i maestosi paesaggi che avevano attraversato e vissuto. Che macchina era dunque questa Vest Pocket Kodak? Avrei potuto, entrando in possesso di un modello come quello di Irvine, ripercorrere a ritroso la Storia, catapultandomi nel 1915/1925 (tale il periodo di produzione della VPK) indossando i panni di un alpinista che andasse per monti e per Dolomiti con questa macchina in tasca? Che fotografie faceva questa Vest Pocket Kodak? Quanto era semplice, che tipo di “timbro” poteva restituire la sua piccola lente? Ebbene, cerca che ti ricerca, dopo averne trovate/acquistate/provate almeno quattro, alla fine ne ho portata a casa una funzionante. Ed eccomi qui a raccontarvi l’emozione di tenere in mano un perfetto esemplare di questo gioiellino tascabile. La chicca di questa mia macchina (il mio modello si chiama Autographic) risiede nel fatto che un piccolo sportello posto nel retro permette di arrivare al negativo e poterci incidere – con una piccola pennetta di ferro sfilabile dal dorso – i dati di scatto o qualsiasi nota fosse necessario ricordare. Veramente uno spettacolo.
Dolomiti 1915… 2010
Bello girare con questa macchinetta assolutamente tascabile, 127mm di rullino, 8 fotogrammi di una semplicità unica: 4 tempi ( 25/50/B/T) e quattro possibilità di esposizione ( 1.2.3.4 ovvero 11.16.22.32). Ma altrettanto bello, davanti a cotanta bellezza e maestosità come le Dolomiti di Brenta, è stato qualche giorno fa chiudere gli occhi, tornare mentalmente al 1915 e immaginarsi – come un viandante che camminasse 100 anni fa per questi sentieri – di veder apparire d’improvviso dal bosco uno spettacolo della natura; un colosso di pietra che si erge davanti a noi. Il Sublime che ci attanaglia, ci atterrisce, ma inevitabilmente ci attrae. E volerlo così fotografare a memoria di quel viaggio.
E cosi ho fatto: ho preso dalla tasca la mia Vest Pocket Kodak e con il suo mirino ho inquadrato, composto e scattato. Ecco dunque cosa quel viandante avrebbe visto dopo aver sviluppato i rullino. E’ incredibile come una macchina del 1915 possa produrre ancora tanta classe, tanta bellezza, tanta unicità. A 100 anni di distanza.
Epilogo
Buffo come, nell’era più digitale e tecnologica del mondo, mi ritrovi sempre più a scavare nel passato, nella Storia. A ritrovare e ripercorrere racconti incredibili. Chissà dove arriverò. Intanto vado avanti, anzi, indietro, nel tempo, per approfondire. Fonte sempre straordinaria e meravigliosa di conoscenza e insegnamento, per il nostro presente e futuro.
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Fonti
Irvine e la sua Pocket Kodak
Scheda Vest Pocket Kodak Autographic
Aggiornamento 2013:
“[…] Speriamo che venga presto ritrovato l’apparecchio fotografico di Mallory, ma io sono certo: non racchiude immagini della vetta. Dal 1980, da quando ho salito in solitaria il monte Everest, la mia sensazione era che Mallory e Irvine non potessero essere arrivati sulla cima; ora ne ho la certezza. Tuttavia quell’impresa da pionieri fa parte delle azioni epiche dell’alpinismo. Peccato che non abbiano fatto ritorno al mondo dei vivi.[…]”
Da un’articolo di Reinhold Messner per la Gazzetta dello sport, riguardo la sua opinione dopo il ritrovamento del corpo di Mallory.
Aggiornamento 2015
Nel corso dei miei studi relativi al progetto fotografico di due anni (2013/2014) sulla Grande Guerra lungo il fronte austroungarico ( Soloilvento ), realizzato nell’ambito delle celebrazioni del Centenario dal suo scoppio, per conto della Provincia Autonoma di Trento, ho scoperto che questa fotocamera era la più utilizzata dai soldati al fronte, proprio per testimoniare e raccontare gli avvenimenti bellici. Ho deciso così di donare uno dei miei due perfetti esemplari allo splendido Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, affinché potesse essere esposto nella sala del Museo dedicata alle dotazioni dei soldati in guerra ed essere così visibile a tutti gli appassionati di fotografia, scolaresche e visitatori in generale. Aggiungendo così alla Storia un altro pezzettino di storia. Nel caso faceste un salto a Rovereto sono certo la vedrete 🙂
“La Grande Guerra fu forse il primo conflitto fotografato intensamente dagli stessi uomini che lo combattevano, grazie alla disponibilità delle macchinette economiche comode a pellicola, la Vest Pocket della Kodak ad esempio che fu quasi il secondo moschetto dell’alpino.” ( cit. Michele Smargiassi – Repubblica.it)
[…] E fermiamoci qui…. continua…. […]
[…] 1915, anno di produzione di questa mia Vest Pocket Kodak “Autographic” (ne ho scritto qui) . Un gioiello di semplicità e schiettezza rassicurante, ancora splendidamente in funzione, nel […]
[…] Kodak, prodotto in vasta scala e dai più utilizzata nel ventennio 1915/1935 tra i quali ricordo Andrew Irvine durante il suo tentativo all’Everest del 1924: macchina mai più ( non ancora) rinvenuta. Oppue da Amilcare Crétier che nel 1933 precipita al […]
[…] consuma molto, non pesa troppo, non ingombra per nulla. Come ho già avuto modo di raccontare in un apprezzato post di due anni fa ormai, si chiama Vest Pocket Kodak, modello Autographic, della produzione tra il […]
Ciao a tutti, ho letto o visto in qualche immagine delle scalate sull’Everest, che c’e’ stata un’altra grande fotocamera della Kodak in dotazione agli alpinisti. Dalle foto sembrerebbe una Kodak Retina. Potete confermarmi cio’? Grazie a tutti.
Ciao Luciano 🙂
Guarda che è sufficiente tu parli al singolare perchè questo è il mio blog personale, non è un forum 🙂
Ciò detto, si hai ragione la Retina è stata sull’Everest insieme ad Alfred Gregory nel 1953 durante la spedizione di Hillary per fotografare i momenti più importanti della spedizione
Qui un link per approfondire il tema
http://www.eyescoffee.com/collectcamera/kodakretina1b/index.php
A presto e grazie
Alberto